Il Glossario della Crisi di Impresa – 1
- Giugno 14, 2023
- Blog
IL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (C.C.I.I.) è uno strumento complesso messo a punto dal legislatore che ha l’obiettivo di anticipare lo stato di crisi aziendale evitandone un progressivo peggioramento e quindi il fallimento che, nell’ambito della Riforma, assume il nome di Liquidazione giudiziale. La nuova normativa, regolata dal D.Lgs. n. 14/2019, è entrata in vigore il 15 luglio 2022 ed attraverso essa è stata recepita la direttiva UE n. 2019/2013 denominata “Insolvency”.
Il nuovo Codice riforma la materia delle procedure concorsuali e della crisi d’impresa, semplificando le norme attualmente vigenti. Nel farlo, prevede tra le altre cose un modello processuale più semplice, in cui il “fallimento” è stato sostituito dalla “liquidazione giudiziale” e alla nozione di “insolvenza” si affianca quella di “stato di crisi”, inteso come probabilità di una futura insolvenza.
Ulteriore novità riguarda il sistema di allerta, con la nozione di “adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili”, che consentono di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e permettono di intervenire anche ricorrendo al nuovo istituto della composizione negoziata, salvaguardando al massimo gli asset aziendali, i lavoratori e i creditori.
CONTINUITÀ AZIENDALE
La continuità aziendale è il presupposto in base al quale, nella redazione del bilancio, l’impresa viene normalmente considerata in grado di continuare a svolgere la propria attività in futuro. L’applicazione di questo principio prevede che i valori iscritti in bilancio siano valutati partendo dal presupposto che l’azienda prosegua suo normale corso, senza che vi sia né l’intenzione o la necessità di porre l’azienda in liquidazione o di cessare l’attività ovvero di assoggettarla a procedure concorsuali.
In sostanza, si presume che un’impresa sia in condizioni di continuità aziendale quando può far fronte alle proprie obbligazioni ed agli impegni nel corso della normale attività. Ciò significa che la liquidità derivante dalla gestione corrente, insieme ai fondi disponibili (in cassa, in banca, mediante linee di credito, ecc.) siano valutati sufficienti anche nella prospettiva successiva alla chiusura del bilancio a rimborsare i debiti e far fronte agli impegni in scadenza.
SOLVIBILITÀ
Per solvibilità si intende la capacità di un debitore (può essere un’impresa, un intermediario finanziario, uno stato sovrano, un privato cittadino) di restituire i suoi debiti alla scadenza, in altre parole il livello di stabilità finanziaria associato ad un soggetto. Spesso l’espressione solvibilità finanziaria viene utilizzata come sinonimo di liquidità, ma i due concetti non sono intercambiabili.
La solvibilità si riferisce alla situazione patrimoniale e si raggiunge quando le attività superano le passività, consentendo al soggetto di sostenere il proprio indebitamento.
La liquidità, invece, attiene alla sfera finanziaria e indica la disponibilità immediata di denaro contante e di diverse altre forme di titoli di pagamento equivalenti e monetizzabili immediatamente. Per conoscere il grado di solvibilità di un’azienda è necessaria un’analisi del bilancio aziendale, il documento che contiene i dati relativi allo stato patrimoniale e al conto economico dell’impresa più la nota integrativa che fornisce una rappresentazione più dettagliata della situazione economico patrimoniale e finanziaria della società.
ADEGUATI ASSETTI ORGANIZZATIVI
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è diventato centrale il ruolo degli adeguati assetti organizzativi all’interno dell’impresa.
L’imprenditore, secondo l’art. 86 del C.c., è obbligato ad istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili che permettano di elaborare e fornire informazioni per monitorare l’andamento aziendale e intercettare tempestivamente segnali di crisi.
Gli adeguati assetti organizzativi devono quindi permettere di rilevare: eventuali squilibri di carattere economico finanziario, squilibri di carattere patrimoniale, non sostenibilità dei debiti, presenza di segnali di allarme indicati nell’art. 3 del Codice della Crisi e tutte le informazioni necessarie per verificare la ragionevole perseguibilità in caso di risanamento.
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (C.C.I.I.) è uno strumento complesso messo a punto dal legislatore che ha l’obiettivo di anticipare lo stato di crisi aziendale evitandone un progressivo peggioramento e quindi il fallimento che, nell’ambito della Riforma, assume il nome di Liquidazione giudiziale. La nuova normativa, regolata dal D.Lgs. n. 14/2019, è entrata in vigore il 15 luglio 2022 ed attraverso essa è stata recepita la direttiva UE n. 2019/2013 denominata “Insolvency”.
Il nuovo Codice riforma la materia delle procedure concorsuali e della crisi d’impresa, semplificando le norme attualmente vigenti. Nel farlo, prevede tra le altre cose un modello processuale più semplice, in cui il “fallimento” è stato sostituito dalla “liquidazione giudiziale” e alla nozione di “insolvenza” si affianca quella di “stato di crisi”, inteso come probabilità di una futura insolvenza.
Ulteriore novità riguarda il sistema di allerta, con la nozione di “adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili”, che consentono di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e permettono di intervenire anche ricorrendo al nuovo istituto della composizione negoziata, salvaguardando al massimo gli asset aziendali, i lavoratori e i creditori.
CONTINUITÀ AZIENDALE
La continuità aziendale è il presupposto in base al quale, nella redazione del bilancio, l’impresa viene normalmente considerata in grado di continuare a svolgere la propria attività in futuro. L’applicazione di questo principio prevede che i valori iscritti in bilancio siano valutati partendo dal presupposto che l’azienda prosegua suo normale corso, senza che vi sia né l’intenzione o la necessità di porre l’azienda in liquidazione o di cessare l’attività ovvero di assoggettarla a procedure concorsuali.
In sostanza, si presume che un’impresa sia in condizioni di continuità aziendale quando può far fronte alle proprie obbligazioni ed agli impegni nel corso della normale attività. Ciò significa che la liquidità derivante dalla gestione corrente, insieme ai fondi disponibili (in cassa, in banca, mediante linee di credito, ecc.) siano valutati sufficienti anche nella prospettiva successiva alla chiusura del bilancio a rimborsare i debiti e far fronte agli impegni in scadenza.
SOLVIBILITÀ
Per solvibilità si intende la capacità di un debitore (può essere un’impresa, un intermediario finanziario, uno stato sovrano, un privato cittadino) di restituire i suoi debiti alla scadenza, in altre parole il livello di stabilità finanziaria associato ad un soggetto. Spesso l’espressione solvibilità finanziaria viene utilizzata come sinonimo di liquidità, ma i due concetti non sono intercambiabili.
La solvibilità si riferisce alla situazione patrimoniale e si raggiunge quando le attività superano le passività, consentendo al soggetto di sostenere il proprio indebitamento.
La liquidità, invece, attiene alla sfera finanziaria e indica la disponibilità immediata di denaro contante e di diverse altre forme di titoli di pagamento equivalenti e monetizzabili immediatamente. Per conoscere il grado di solvibilità di un’azienda è necessaria un’analisi del bilancio aziendale, il documento che contiene i dati relativi allo stato patrimoniale e al conto economico dell’impresa più la nota integrativa che fornisce una rappresentazione più dettagliata della situazione economico patrimoniale e finanziaria della società.
ADEGUATI ASSETTI ORGANIZZATIVI
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è diventato centrale il ruolo degli adeguati assetti organizzativi all’interno dell’impresa.
L’imprenditore, secondo l’art. 86 del C.c., è obbligato ad istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili che permettano di elaborare e fornire informazioni per monitorare l’andamento aziendale e intercettare tempestivamente segnali di crisi.
Gli adeguati assetti organizzativi devono quindi permettere di rilevare: eventuali squilibri di carattere economico finanziario, squilibri di carattere patrimoniale, non sostenibilità dei debiti, presenza di segnali di allarme indicati nell’art. 3 del Codice della Crisi e tutte le informazioni necessarie per verificare la ragionevole perseguibilità in caso di risanamento.